martedì 4 novembre 2014

Tutti pazzi per il Prosecco. Cresce in Italia e all'estero.

Ancora una volta il Prosecco Superiore si conferma lo spumante Docg preferito dagli italiani. Dal 2003 al 2013 si è registrato un aumento a volume pari a un +72.9%. Bene la crescita anche nel 2014. Vola l'estero!


Nonostante la congiuntura economica, da un’anteprima dei dati del Rapporto del Centro Studi di Distretto emergono numeri positivi sul piano nazionale e internazionale e nei mercati emergenti. Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore batte la crisi anche nel mercato nazionale e nell’Ho.Re.Ca. ovvero nel canale della ristorazione e delle enoteche. Da un’anteprima del nuovo Rapporto del Centro Studi del Distretto, che sarà presentato integralmente il prossimo 13 dicembre, emerge, infatti, una denominazione in controtendenza: la tipologia spumante, che oggi rappresenta più del 90%, è aumentata in valore del 6,6% nel 2013, con un giro d’affari pari a 327,2 milioni di euro.

A sorprendere sono, in particolare, i numeri registrati in Italia dove il Conegliano Valdobbiadene è cresciuto dell’11,4% in valore e del 10,5% in volume nell’ultimo anno.  Questo trend ribadisce ancora una volta che è il Prosecco Superiore lo spumante Docg preferito dagli italiani e conferma i risultati del lungo periodo. Dal 2003 al 2013, infatti, si è registrato un aumento a volume pari a un +72.9%.

A dimostrare come il Conegliano Valdobbiadene sappia soddisfare le richieste degli operatori del settore, ristoratori ed enotecari in primis, interessati ad offrire un vino “Superiore” di grande versatilità, sono i dati Ho.Re.Ca. a livello nazionale: +8,9 % in valore e + 7,3% in volume in un panorama generale che vede questo importante canale in calo. Un andamento controcorrente dovuto  – secondo il Consorzio di Tutela – a una costante ricerca di qualità e all’impegno nella valorizzazione della denominazione intrapreso nel 2009, con il riconoscimento della Docg e la decisione di assegnare a questo vino un nome che lo legasse all’area in cui nasce (oggi candidata a Patrimonio Unesco) e alla sua lunga tradizione spumantistica.

"Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore è capace di esprimere qualità e territorialità grazie alla serietà delle 170 cantine e degli oltre 3000 viticoltori che vi operano ma anche a progetti come il Rive, denominazione comunale che esalta le differenze fra suoli ed esposizioni delle singole colline – spiega Innocente Nardi,  presidente del Consorzio di Tutela -. Questo ci ha permesso di far percepire a consumatori e addetti ai lavori quali sono gli elementi distintivi che rendono unico il nostro spumante".

Un messaggio che è giunto forte e chiaro nel settore della ristorazione e delle enoteche (queste ultime nel mese di novembre organizzeranno, grazie a Vinarius, una serie di degustazioni dedicate in tutta Italia) ma anche nei canali distributivi.  Si respira ottimismo nella Gdo (+17,4% in valore e +15,9% in volume) ma anche con i grossisti (+14,8% in valore e +13,3% in volume).

Il lavoro svolto dal Consorzio nella promozione e valorizzazione di questo spumante si è spinto anche oltre confine grazie a seminari, workshop e una serie di altri eventi dall’Asia agli Usa, senza trascurare l’Europa. Sforzi di cui ora si raccolgono i frutti: l’export  rappresenta una quota del 40,4% per lo spumante e del 42% per l’intera denominazione. La Germania si conferma nel 2013 il primo Paese importatore di Spumante Docg a valore con 29,6 milioni di euro.  La flessione pari al 5,9% su base annua è stata compensata da un aumento del livello dei prezzi dell’+1,8%, un  risultato importante se si considera che il mercato tedesco è da sempre molto competitivo.

La Svizzera, secondo mercato estero della Docg, ha raggiunto una quota pari a 28,8 milioni di euro. Le esportazioni in questo Paese, particolarmente attento alla qualità, rappresentano il 21,8% delle vendite all’estero. Molto promettente si presenta poi il mercato inglese, che ha denotato un significativo aumento del valore con un +11,3% su base annua.

Oltreoceano gli Stati Uniti si sono collocati, nel 2013, al quarto posto tra i mercati e si sono contraddistinti per una crescita elevata (+11,9% in raffronto al 2012).  Se Germania, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti regalano ottimismo, non si possono certo tralasciare i segnali positivi che giungono da mercati non tradizionali, come quelli scandinavi e le repubbliche baltiche che fanno ben sperare per la continua espansione delle esportazioni.
Dal 3 al 9 novembre nelle enoteche Vinarius di alcune regioni italiane, tra cui Lombardia, Toscana, Puglia, Sicilia, Lazio, Veneto, Friuli, Alto Adige, Umbria, si terranno degustazioni del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore, in una sorta di viaggio virtuale nel territorio

100.000 posti di lavoro entro il 2030.Dove? Nelle energie rinnovabili

Più green economy, più lavoro. 100mila occupati solo nel settore delle energie rinnovabili entro il 2030 secondo un rapporto realizzato da Althesys

 
Più green economy, più lavoro. E' questo uno dei temi forti che scaturiranno da ECOMONDO, a Rimini Fiera dal 5 all’8 novembre prossimi insieme a Key Energy ed altri quattro saloni tutti dedicati alle green solutions (Key Wind, H2r, Cooperambiente e Condominio Eco).

Le previsioni di occupazione per le imprese che si svilupperanno verso questa direzione sono molteplici: Greenpeace stima 100mila occupati solo nel settore delle energie rinnovabili entro il 2030 in un rapporto realizzato da Althesys, con un impatto economico e occupazionale per l’Italia che nel 2013 ha superato i 6 miliardi di euro.

Del potenziale economico e occupazionale che lo sviluppo di una green economy può attivare si parlerà diffusamente anche agli Stati Generali della Green Economy, nei primi due giorni di fiera, ai quali interverranno migliaia di operatori del settore.
Un’indagine sugli orientamenti degli imprenditori della green economy condotta tra aprile e maggio 2014 dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con il Consiglio Nazionale della Green Economy rileva che il 90% degli imprenditori intervistati afferma che innovare, differenziare, convertire produzioni e consumi in direzione green potrebbe contribuire in modo significativo ad alimentare una ripresa economica, con nuovi investimenti e nuova occupazione.
Attesi a Rimini Fiera, fra gli altri, l’intervento di Maurizio Landini (Segretario Generale Fiom-Cgil) il quale sul tema ha detto che “Si può favorire la crescita dell’occupazione nell’industria metalmeccanica e qualificarla nella nuove filiere tecnologiche comprese le rinnovabili”. Landini sarà presente a Rimini Fiera il 6 novembre per la seconda giornata degli “Stati Generali della Green Economy”. Con lui anche il Ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi e il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti

Il governo implementa il Fondo non autosufficienza fino a 400 milioni, cifra più alta mai impegnata finora, e avvia un tavolo interministeriale per dare sostanza e azioni al fondo, per anni dimenticato

 

L'impegno assunto dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per le politiche sociali e la disabilita' si concretizza oggi con la strutturazione del Fondo non autosufficienza nella legge di bilancio, la sua implementazione a 400 milioni, cifra piu' alta mai impegnata finora, e la decisione di un tavolo interministeriale per dare sostanza e azioni al fondo, per anni dimenticato.
   I passi avanti in tema di non autosufficienza - prosegue una nota di Palazzo Chigi - sono stati raggiunti oggi e definiti su input del presidente dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ha ricevuto infatti oggi a Palazzo Chigi i rappresentanti dell'associazione 'Comitato 16 novembre' vicino ai malati di Sla; contemporaneamente, presso la sede di Via Veneto, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, ha ricevuto i rappresentanti delle associazioni FISH e FAND. Gli incontri erano stati sollecitati dalle Associazioni per discutere della dotazione del Fondo per le non autosufficienze e, piu' in generale, sulle politiche per la disabilita'.
   A seguito di questi incontri, il Sottosegretario Delrio ed il ministro Poletti - dopo aver ribadito che con questa legge di stabilita' il fondo per le non autosufficienze viene reso strutturale, e quindi nei prossimi anni non si dovra' ogni volta ripartire da zero come e' finora avvenuto - hanno dichiarato l'impegno del governo ad incrementare lo stanziamento per il fondo stesso fino a 400 milioni di euro. Si e' inoltre convenuto di proseguire la collaborazione sulle politiche per la disabilita', a partire dalle linee di lavoro per l'attuazione del piano di azione biennale, discusse questa mattina nella riunione dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilita', organismo che garantisce la partecipazione delle Organizzazioni rappresentative del mondo della disabilita' nella definizione delle politiche del Governo in questo ambito.

Più leggero senza finestrini: il progetto dell'aereo trasparente

Ridurre il peso per diminuire il consumo di carburante. E' l'obiettivo di un aereo senza finestrini. Si viaggerà al buio? Tutt'altro


Il Centre for Process Innovation (Cpi) sta lavorando alla costruzione di un aereo "trasparente". L'idea è quella di creare un velivolo passeggeri senza finestrini, come avviene già per i cargo. L'obiettivo è ridurre il peso dell'aereo e, di conseguenza, il consumo di carburante. Cpi ha calcolato che a una riduzione di peso dell'1% corrisponde un risparmio di carburante dello 0,75%.
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Senza finestrini non vuol dire che i passeggeri voleranno al buio. Tutt'altro. La fusoliera sarà avvolta da telecamere e schermi che trasmettono quanto catturato all'esterno della fusoliera. L'effetto è quello di un aereo sospeso tra le nuvole. Un concetto, che potrebbe essere realtà entro 10 anni, difficile anche solo da immaginare

" A UCCIDERE STEFANO SONO STATO O "

lunedì 3 novembre 2014

Chi è Massimo Ferrero, patron della Samp Il viperetta tra calcio, cinema e crac




È la nuova star tv della serie A, grazie a interviste sopra le righe e sparate e gaffe di ogni tipo. Ma, oltre alla "maschera", ecco chi è davvero il produttore arrivato alla guida della squadra di Genova senza pagare un euro




Chi è Massimo Ferrero, patron della Samp 
Il viperetta tra calcio, cinema e crac Nel calcio si è subito trovato a suo agio. Il ritmo vertiginoso della serie A non poteva essere un problema per Massimo Ferrero, 63 anni. È una vita che il nuovo proprietario della Sampdoria fa esattamente lo stesso tipo di gioco con le sue aziende: cessioni, liquidazioni, passaggi di mano che coinvolgono familiari e amici, garanzie bancarie spostate da qui a là, niente bilanci consolidati per aumentare le possibilità di contropiede alle banche creditrici. Soldi veri ne girano pochissimi. E certo non ne sono girati nell’acquisto del club blucerchiato.

I Garrone stavano per finire come il collega petroliere Massimo Moratti dell’Inter. La holding di famiglia San Quirico ha bruciato oltre 300 milioni di euro in dodici anni e mezzo di gestione segnati da scarse soddisfazioni sportive. Soltanto negli ultimi tre anni Sampdoria holding, il gradino societario intermedio fra San Quirico e l’Unione calcio Sampdoria (il club), ha messo assieme perdite aggregate per 99 milioni di euro.

Il giocattolo che i petrolieri usavano come bara fiscale per abbattere le tasse ha rischiato di diventare la bara tout court del gruppo Erg ed è già da un pezzo che i Mondini, eredi della sorella di Riccardo Garrone e comproprietari della San Quirico, avevano chiesto ai cugini di uscire dal calcio. Ma ci sono voluti due anni perché Edoardo Garrone, figlio di Riccardo, riuscisse a vendere. Il verbo suona eccessivo. In serie A non si vende più. Si regala, come dimostra proprio il caso dell’Inter. E si regala con la formula del pieno per vuoto: i debiti se li accolla chi li ha fatti.
Zero euro è il prezzo ideale per Viperetta, come Ferrero è soprannominato dai tempi in cui si faceva le ossa distribuendo i cestini pranzo ai divi di Cinecittà. Il produttore e gestore di sale cinematografiche ha rilevato la controllante diretta del club (Sampdoria holding), l’ha ribattezzata Sport spettacolo holding, ha mantenuto il capitale sociale lasciato dai Garrone (950 mila euro) e infine, al posto della San Quirico, ha piazzato la sua personale e nuovissima Holding Max, che controlla la Sport spettacolo holding con mille euro di capitale sociale interamente versato.

Come omaggio dai Garrone-Mondini, Viperetta si è tenuto la sede della Samp in piazza Borgo Pila, che sono sempre trenta vani in centro a Genova. I 37 milioni di euro di debito netto del club sono largamente coperti dagli asset immobiliari e dai versamenti in conto capitale fatti dai Garrone-Mondini prima di abbandonare la barca blucerchiata.

Se l’operazione è brillante sotto il profilo del business, forse nemmeno Ferrero poteva prevedere il boom di popolarità del personaggio Viperetta. Nei pochi mesi dall’acquisto, annunciato a grande sorpresa a giugno mentre iniziava il Mondiale brasiliano, il neopresidente della Samp è diventato il volto nuovo dei post-partita televisivi, consacrato dall’imitazione di un ex giocatore delle giovanili sampdoriane, Maurizio Crozza. L’ultima delle sue gaffe è diventata un caso, con tanto di indagine della procura sportiva. Parlando del neo proprietario dell’Inter, l’indonesiano Erick Thohir, ha sparato: «Io penso che Moratti sia un grande uomo mi sembra ingiusto che sia stato trattato così. Io gliel’ho detto a Moratti, caccia via quel filippino...».

Ma come sempre quando i risultati sono buoni, i tifosi hanno accolto con entusiasmo il presidente che dalla tribuna esibisce il gesto scaramantico delle doppie corna e che, in caso di vittoria, si abbandona a galoppate sul prato di Marassi drappeggiato di sciarpe con i colori sociali. Poco importa se, proprio nei giorni in cui rilevava la squadra genovese, Ferrero patteggiava un anno e dieci mesi per il crac della compagnia aerea Livingston, una delle sue avventure meno fortunate. La condanna non ha impressionato nessuno in Federcalcio. I requisiti di onorabilità, obbligatori per rilevare un club inglese, in Italia non hanno cittadinanza. Al contrario, il palcoscenico della serie A rimane un passaporto diplomatico tra i più efficaci per i presidenti con qualche pendenza giudiziaria.

Per restare a Genova, il rivale diretto Enrico Preziosi è in appello contro una sentenza di diciotto mesi per mancato versamento dell’Iva con il Genoa, senza contare i problemi con il calcioscommesse, la retrocessione per illecito sportivo con condanna penale definitiva e il Daspo (divieto di entrare allo stadio) subito nel 2012. È un derby infuocato a Marassi, nel senso dello stadio, e il nuovo arrivato ha già avuto modo di scontrarsi con il fondatore della Giochi Preziosi. È accaduto prima in Lega calcio, la rissosa confindustria del pallone, e poi in campo.

La prima stracittadina, giocata lo scorso 29 settembre, se l’è aggiudicata Viperetta 1-0. Non serviva di meglio per diventare l’idolo della torcida doriana e trasformare la comparsata di Ferrero nel film Ultrà (1991) in un segno del destino. Eppure il folklore delle stornellate in diretta Sky a Ilaria D’Amico nasconde una vicenda imprenditoriale vissuta costantemente in zona retrocessione. Ferrero non entra nel calcio da sprovveduto e lo ha dimostrato già nel suo primo mercato, concluso con un saldo positivo di 4,6 milioni di euro fra cessioni e acquisti di giocatori. A questa plusvalenza vanno aggiunti i diritti televisivi. Il recente rinnovo dell’asta sulla serie A ha registrato l’ennesimo rialzo del jackpot a quota 1,15 miliardi di euro complessivi.

Gli incassi delle tv sono ossigeno puro per il produttore romano, in costante ricerca di liquidità. La panoramica sulle società in mano a Ferrero, ai figli Giorgio e Vanessa e alla moglie Laura Sini, non induce all’ottimismo. Ma Viperetta si muove con rapidità degna del suo soprannome. L’operazione più importante condotta dopo l’acquisto della Samp ha riguardato la vecchia capogruppo dei Ferrero, Eleven finance, messa sotto il controllo della Sport spettacolo holding (Ssh). In questo modo, gli incassi da diritti tv della Sampdoria, pure controllata dalla Ssh, potranno sostenere le sale cinematografiche in difficoltà.

I cinema rilevati da Ferrero hanno il pregio di produrre cassa come un casello autostradale, ma il mercato tende alla concentrazione e non tutte le multisale hanno il successo dell’Adriano in piazza Cavour a Roma. Il multiplex padovano di Due Carrare, per esempio, è fra quelli che hanno deluso le attese. A fine settembre Mediaport cinema, controllata da Eleven finance, ha esaurito le riserve e quasi tutto il capitale sociale per ripianare una perdita di 2,2 milioni. Quello che convince le banche a credere in Viperetta è l’aspetto immobiliare. Se un cinema non rende, si può sempre vendere e trasformare. È il caso del Volturno di Roma.

Appena Ferrero ha concluso l’acquisto delle 15 sale appartenute a Vittorio Cecchi Gori, il 30 settembre del 2013, il Volturno abbandonato e occupato da sette anni è stato venduto alla famiglia napoletana Orofino (farmaceutica) che ha ottenuto lo sgombero dei collettivi. Ma l’affare vero è il megasconto ottenuto, dopo una trattativa durata tre anni, dai liquidatori del gruppo Cecchi Gori. Ferrero non ha mai voluto accettare il prezzo di 59,5 milioni di euro fissato per i cinema adducendo uno stato di gestione disastroso delle sale, soprattutto per il costo del lavoro.

Alla fine, un anno fa Ferrero ha chiuso l’accordo transattivo con 25 milioni. Poi ha creato una nuova società, la Vici, che ha assunto la proprietà dei cinema Adriano e Atlantic, ha ottenuto 25 milioni di finanziamento e ha girato le sale in affitto a un’altra società di famiglia, la Ferrero cinemas, che è stata messa in liquidazione per le perdite alla fine di luglio del 2014.

Sul fronte produzione, la stessa fine ha fatto la Blu cinematografica mentre la Ellemme group ha chiuso i battenti a fine 2013 con un sequestro giudiziario seguito alla lite con l’imprenditore napoletano Gianni Lettieri.

La nuova funzione di Facebook: “Stai bene?

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Tutti sperano di non doverla usare mai: serve per dire che è tutto ok quando c'è un'emergenza, come un terremoto


Facebook ha presentato “Stai bene?”, una nuova funzione del suo social network che serve per comunicare rapidamente agli amici che va tutto bene quando si verificano disastri naturali o eventi di altro genere che possono avere causato morti e feriti. Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, ha detto che “restare in contatto con le persone ha sempre valore, ma ci sono momenti in cui lo diventa ancora di più”, come per esempio durante particolari emergenze: terremoti, alluvioni, attentati. La nuova funzione è stata annunciata a Tokyo, in Giappone, dove era stata realizzata una prima versione del sistema in seguito alla grande emergenza causata dal terremoto del 2011.
“Stai bene?” serve per comunicare ad amici e familiari che nonostante l’emergenza si sta bene, controllare come stanno le altre persone che si conoscono e che si trovano nell’area in cui c’è stata l’emergenza, segnalare che i propri amici stanno bene se si condivide lo stesso posto in cui è avvenuto il disastro. Solo gli amici possono vedere gli aggiornamenti di “Stai bene?” e solo loro possono aggiungere commenti, utili per chiedere ulteriori informazioni su come vanno le cose.
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Se nelle impostazioni di Facebook è attivata la funzione che permette al social network di sapere sempre dove ci si trova, grazie al GPS sul proprio smartphone/tablet o alle informazioni geografiche legate a una connessione WiFi per quanto riguarda i computer, “Stai bene?” invia una notifica chiedendo se tutto è a posto quando si verifica un’emergenza nell’area in cui ci si trova. Alla domanda si può rispondere confermando che tutto è OK, oppure indicando che ci si trova in un altro posto lontano da dove c’è stata l’emergenza.
Quando si indica che si è al sicuro, Facebook crea un aggiornamento di stato sul proprio Diario, in modo che gli amici possano vedere che va tutto bene. Il sistema provvede inoltre a segnalare quali altri amici si trovano nella stessa area del disastro, in modo da poterli raggiungere più facilmente per sapere come stanno o per dare loro aiuto. Infine, se si condivide la stessa posizione è possibile indicare come stanno i propri amici, cosa utile se per esempio un amico ha perso il cellulare durante l’emergenza o gli si è scaricata la batteria.
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Facebook è utilizzato da oltre 1,3 miliardi di persone in tutto il mondo e la nuova funzione potrebbe rivelarsi molto utile, soprattutto nelle emergenze dove centinaia di persone vengono date per disperse perché non si presentano rapidamente alle autorità per dire che tutto va bene. Google da tempo organizza iniziative simili attraverso la sua sezione “Crisis Response”, ma con sistemi talvolta meno intuitivi rispetto alla nuova funzione di Facebook, che non richiede particolari impostazioni e si attiva automaticamente per le persone che si trovano nei paraggi dell’area in cui si è verificata un’emergenza.

Facebook passa di moda?

 Tra i teenager americani sì, dice una ricerca: troppi adulti e troppo poco anonimato, probabilmente


Vanesa De La Cruz, Claudia Corahua, Carlos Riofrio, Joshua Carrera
Dal momento che i ragazzi sono il futuro, e che nessuno sopra i 21 anni sa davvero quello che i ragazzi trovano “figo” (tra l’altro: i ragazzi dicono ancora “figo”, al giorno d’oggi?), alcuni ricercatori hanno dedicato molti, molti sondaggi per capire con precisione che cos’è che i #teenager fanno su internet. Nel maggio 2013 stavano fuggendo dalle troppe complicazioni di Facebook. Un anno dopo, erano ritornati in massa come pecorelle smarrite. Ora un drastico rapporto di Piper Jaffray – una banca di investimenti con un’autorevole divisione che si occupa di ricerca – dice che i ragazzi starebbero chiudendo con Facebook una volta per tutte, scappando dall’impero di Mark Zuckerberg, invaso dai genitori, in favore dell’abbraccio più permissivo di Twitter e Instagram. Tra l’autunno del 2013 e la primavera del 2014, quando Piper Jaffray ha fatto le sue ultime rilevazioni, l’utilizzo di Facebook tra i ragazzi tra i 13 e i 19 anni è sceso dal 72 al 45 per cento. In altre parole, meno della metà dei teenager intervistati ha detto di sì quando gli è stato chiesto se usasse Facebook (una nota: non ci sono dati risalenti alla scorsa primavera per l’opzione “nessun social network”, da qui quel buco bianco nel grafico).
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Sondaggi di questo tipo sono ovviamente fragili, e i ghiribizzi dei ragazzi sono effimeri come i trending hashtag di Twitter. Detto questo, la ricerca di Piper Jaffray è molto scrupolosa: sono stati intervistati 7200 studenti americani, e sono stati tenuti in considerazione fattori come il genere e il reddito familiare. Tra le altre scoperte della ricerca: i ragazzini amano i prodotti Apple più di quelli degli altri brand, per quanto riguarda la tecnologia, sebbene solo una manciata – il 16 per cento – siano interessati a iWatch. E – sempre i ragazzini – prevedono all’unanimità che entro il 2019 guarderanno tutti i film su Netflix. Sta diminuendo l’entusiasmo per la radio Pandora, che ha visto nascere negli ultimi cinque anni un sacco di servizi di streaming concorrenti.
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Purtroppo niente di tutto questo aiuta a capire perché ai ragazzi piace quello che fanno, una domanda oscura e vecchia come il mondo. Sia la ricerca sia l’esperienza suggeriscono, naturalmente, che la scelta abbia qualcosa a che fare con la presenza di adulti sul social network, assieme alle piaghe tipicamente liceali dei litigi sui social e della tendenza di certe persone a condividere eccessivamente informazioni di cui si farebbe volentieri a meno. La recente crescita di popolarità di social network che consentono l’anonimato – cose come Whisper e Yik Yak (o, in Italia, Ask.fm), che è popolato da studenti delle scuole superiori – sembrerebbe anche suggerire un giovanile desiderio di sfuggire ai confini e alle responsabilità di una chiara identità online (Facebook sembra davvero preoccupato che sia questo, il punto: martedì il New York Times ha riportato che il social network sta lavorando su una propria app di messaggi anonimi). Questo forse dovrebbe preoccupare i genitori, sia quelli iper-apprensivi sia quelli più alla papà-figo: non puoi davvero interagire con – o controllare – i tuoi figli su Whisper allo stesso modo in cui lo facevi con il buon vecchio Facebook (gli utenti di Whisper non hanno amici e utilizzano dei soprannomi, il che, verosimilmente, è l’attrazione principale del social network). Facebook non deve spaventarsi troppo, comunque. Anche se il social omonimo è ora fuori moda, ai ragazzi continua a piacere Instagram: Zuckerberg vince, in ogni caso.

Il negozio “vero” di Amazon a New York


Lo ha annunciato un articolo del Wall Street Journal, Amazon per ora non conferma: ma ci sono buone ragioni che lo spiegherebbero

 Amazon
Amazon.com starebbe progettando di aprire il suo primo negozio fisico, una scelta che potrebbe rappresentare un cambiamento strategico fondamentale per un rivenditore che è stato all’avanguardia nell’e-commerce. Il Wall Street Journal ha riferito che Amazon aprirà un punto vendita a Midtown, Manhattan, in tempo per la stagione degli acquisti di Natale, e in cui i clienti potranno portare i resi, sostituire gli articoli o ritirare gli acquisti fatti online. Secondo il WSJ è possibile che il negozio sia utilizzato anche come showroom di alcuni prodotti di Amazon come Kindle Fire o lo smartphone Fire.
Se Amazon aprirà il negozio, sarà uno dei più chiari esempi di come i rivenditori siano intensamente concentrati nel portare avanti una cosiddetta strategia “multicanale”, che si basi sulla perfetta integrazione tra punti vendita reali e presenza digitale.
Rispetto ai negozi fisici, i rivenditori solo online hanno diversi vantaggi per quanto riguarda i costi, nel senso che riescono a mantenere basse le spese e a ridurre la forza lavoro. Eppure negli ultimi due anni, alcuni apprezzati e-store americani come Bonobos, Rent The Runway, Birchbox e BaubleBar hanno scelto di vendere i loro prodotti e promuovere i loro brand in negozi fisici. Queste scelte, secondo quanto detto dai rivenditori, sono un riconoscimento del fatto che, nonostante tutta la convenienza e la forza dell’e-commerce, il negozio fisico può ancora rappresentare un valore aggiunto unico e rilevante, per il cliente. Per alcuni prodotti, a quanto pare, i clienti vogliono ancora poter toccare e provare gli articoli, prima di acquistarli.
Interpellato dal Washington Post sulla notizia, un portavoce di Amazon ha scritto via e-mail: “Non abbiamo fatto alcun annuncio riguardo una sede a Manhattan”.
Sean Whitehouse, un analista per la società di consulenza di vendita al dettaglio Kurt Salmon, ha detto che un negozio fisico potrebbe permettere ad Amazon di stabilire un legame più personale con i suoi clienti. “Quello che possono offrire è l’esperienza per il cliente, come gli Apple Store”, ha detto Whitehouse, il quale ha aggiunto che un avamposto del genere potrebbe peraltro avere benefici di tipo logistico, potendo servire ad Amazon come magazzino per i prodotti in consegna nel giorno stesso dell’ordine.
Amazon ha già sperimentato in passato tipi di vendita in negozi fisici. L’anno scorso ha aperto un negozio provvisorio a San Francisco per la vendita dei Kindle; ha anche utilizzato distributori automatici di Kindle in centri commerciali e in altri luoghi. E sta lavorando a una serie di nuovi modi di fornire i propri prodotti ai clienti. In diverse grandi città, sta testando un servizio di consegna di generi alimentari noto come Amazon Fresh (attivo da qualche anno a Seattle, dove ha sede la società). L’anno scorso di questi tempi, il capo di Amazon Jeffrey Bezos rivelò durante il programma “60 Minutes” che la sua società sta lavorando a una tecnologia di consegna dei prodotti tramite droni. (Bezos è anche il proprietario del Washington Post).
Non è ancora chiaro se Amazon stia cercando di aprire più punti vendita, e non è chiaro per quanto tempo resterebbe aperto il negozio di New York di cui parla il WSJ. Dopo l’anticipazione, nel pomeriggio di giovedì 9 ottobre il valore delle azioni di Amazon è sceso di due punti percentuali.

La Carta della Rete: diritti e doveri sul web

Mentre il Senato propone il diritto all'accesso a internet in Costituzione, la Camera presenta un documento per regolamentare la Rete


Internet un diritto costituzionale, ma anche uno spazio dove il cittadino ha diritti e doveri, proprio come accade per strada? È quello che prova a fare il Parlamento. Così, mentre al Senato è stato inserito nel calendario dei lavori un ddl costituzionale sul diritto di accesso a Internet, alla Camera è stata creata una speciale commissione, presieduta da Stefano Rodotà.
A Montecitorio, in particolare, è stata stilata una bozza di "dichiarazione dei diritti in Internet", che ha l'obiettivo di sancire il nuovo rapporto delle persone con la rete dal punto di vista del riconoscimento giuridico formale. Una carta che chiede anche l'aiuto dei cittadini: è stato infatti lanciato un portale attraverso il quale dal 27 ottobre far partire una consultazione pubblica per sviluppare un documento definitivo.
Intanto la Commissione ha elaborato 14 punti da cui partire per far sì che il web non sia il luogo dell'anarchia. Si parte dal riconoscimento su internet dei diritti fondamentali della persona a cui vanno aggiunti il diritto all'accesso "in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate", la cosiddetta neutralità della rete di cui si parla da anni.

Molta attenzione alla privacy: la carta garantisce la tutela dei dati personali, il diritto all’autodeterminazione informativa, l'inviolabilità dei sistemi e domicili informatici, il divieto di trattamenti automatizzati dei dati, il diritto all’identità e quello all'anonimato, così come il diritto all’oblio. I responsabili delle piattaforme digitali, inoltre "sono tenuti a comportarsi con lealtà e correttezza nei confronti di utenti, fornitori e concorrenti" e garantire "come interesse pubblico". Infine viene ribadito il diritto all’educazione e delineati alcuni criteri per il governo della ret

Startup biomediche, il successo della ricerca italiana


Con oltre duecento startup il settore biomedico è uno tra i più attivi, e le buone idee non mancano:


Sono oltre 255 le startup innovative censite in Italia nel settore biomedicale, uno dei più floridi e dinamici, come dimostrano i numeri dello studio Assobiomedica del 2014, dedicato agli incubatori d’impresa in questo settore; ma anche i numerosi progetti innovativi italiani, premiati con svariati riconoscimenti, e il successo di alcune realtà riuscite ad andare oltre lo status di startup. Niso biomed per esempio, è una azienda torinese che ha sviluppato un dispositivo medico chiamato Endofaster, in grado di esaminare il succo gastrico in tempo reale durante la gastroscopia. In questo modo permette di riconoscere i fattori di rischio tumorale e di malattie gastriche come quella da Helicobacter Pylori, migliorando l’efficienza della gastroscopia e riducendo i costi, e il numero di esami successivi.
Tra il 2013 e il 2014, si è aggiudicata diversi premi, tra cui il Premio Leonardo Startup, il Bright Future Ideas Award, UK Trade and Investment, e la nomina di startup dell’anno da PNIcube nel 2013. Ma non solo, Niso biomed è anche un esempio di startup di successo “diventata grande” che è riuscita a collocare il suo prodotto anche nel mercato estero. Un altro esempio a proposito è Silicon Biosystems, una startup bolognese acquisita poi dall’azienda farmaceutica Menarini, per aver brevettato DEPArray, una tecnologia in grado di isolare singole cellule tumorali presenti nel sangue mantenendole intatte. Procedimento che consente di effettuare una diagnosi precoce, individuando le cellule indicative della patologia, mediante un esame ematico. E poi c’è anche la Wearable Exoskeleton, un esoscheletro per sostenere anziani e disabili nei movimenti quotidiani, sviluppato presso la Scuola Sant’Anna di Pisa, che nel 2013 ha vinto il Premio Marzotto 2013

sabato 1 novembre 2014

Fumarsi la vita!

Fumare una sigaretta? Tanto vale attaccarsi al tubo di scarico di un Tir. Paradossale, ma non molto. Infatti gira proprio attorno a un esperimento e al confronto tra il fumo di sigaretta e il fumo di scarico di un grosso camion la Giornata Mondiale senza Tabacco dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.

sigaretta
E i risultati sono sorprendenti. Detto brutalmente, l’inquinamento che provoca una sigaretta è superiore a quello causato dalle polveri sottili che escono dallo scarico di un Tir. In numeri, 8 minuti  una sigaretta accesa produce emissione di polveri fini e ultrafini fino a 4 volte più alte del motore.Un esperimento rigorosamente scientifico, guidato dai Pneumologi dell’Istituto milanese, che con lo stesso strumento e nelle stesse condizioni, all’interno di un container stagno,  hanno misurato il particolato solido emesso – Pm1, Pm2,5 e Pm10, le sostanze che abbiamo imparato a conoscere quando si parla dell’inquinamento delle nostre città – dal fumo e dal Tir . La sigaretta ha battuto il motore in tutti i casi, sia in media sia nei picchi, come si può capire dal grafico qui sotto:

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Fonte Istituto Tumori Milano
 Numeri come questi dovrebbero scoraggiare a fumare, ma così non è nel nostro Paese. Aumentano, al contrario, quelli che non sanno rinunciare alle sigarette, e aumentano anche i nuovi fumatori, soprattutto tra le donne. Ma il dato che fa più riflettere è che amumentano i forti fumatori, quelli che consumano più di 15 sigarette al giorno, in particolare tra i giovani e i giovanissimi. Passato l’effetto delle sigarette elettroniche, che per poco tempo hanno soppiantato il tabacco, i fumatori sono di nuovo in crescita. A nulla servono evidentemente i divieti , le tasse che aumentano  sembrano scoraggiare poco, anche se l’Organizzazione Mondiale della Sanità davanti ai dati in crescita e ai costi sociali delle malattie che derivano dal fumo, ha proposto di portare molto in alto i balzelli legati ai pacchetti di sigarette. Fumare deve diventare sempre più costoso, dicono dall’Oms, perchè solo rendendolo antieconomico si potrà sconfiggere. Il rischio però è che il contrabbando, la criminalità invada il mercato con prodotti di scarsa qualità e ancora più nocivi.